Con il procedere del travaglio, le paure della donna cambiano, rispetto a quelle della fase prodromica (cfr. La paura del parto – 1 – fase prodromica)
La seconda fase del parto è detta dilatante perché il collo dell’utero, sotto la spinta delle contrazioni e del feto, si rilascia fino a raggiungere la dilatazione completa (circa 10 cm.). Le paure di questa fase riguardano il lasciarsi andare a quello che capita nel proprio corpo e che crea dolore. Si tratta delle contrazioni, spasmi muscolari che avvengono in modo involontario (il viscere uterino è costituito da muscolatura liscia) per accorciare e dilatare il collo dell’utero e consentire la discesa del feto nel canale del parto per la nascita. Le contrazioni della seconda fase del parto si distinguono dalle precedenti perché assumono regolarità, mentre la frequenza e la durata aumentano: si possono presentare anche con intervalli di un minuto e durare circa 45 secondi. Quando la dilatazione del collo dell’utero ha superato i primi centimetri, è possibile alleviare il dolore attraverso l’ analgesia peridurale (o epidurale). Si tratta di un’anestesia “regionale” ottenuta attraverso l’instillazione di anestetici nello spazio di pochi millimetri che si trova intorno alla dura madre del midollo.
Le contrazioni andrebbero assecondate assumendo un atteggiamento passivo, che non crei resistenza alla dilatazione. Spesso invece la partoriente è spaventata dalla loro frequenza e intensità. Temendo di essere preda di una forza sconosciuta, che è incapace di controllare e che percepisce come devastante e mortifera, la donna anziché cercare di rilassarsi tende a contrarsi come per resistere, ottenendo il risultato di provare più dolore.
Una certa apprensione nei confronti del dolore del parto è fisiologica e riguarda tutte le donne, sia le primipare che non sanno come reagiranno, sia chi l’ha già vissuto precedentemente. Invece il terrore del parto, che spesso spinge chi lo prova a pretendere un cesareo per non doverlo affrontare, è da considerarsi un sintomo, ossia l’espressione di una conflittualità profonda di cui non si ha consapevolezza perché proviene da un periodo molto lontano della propria vita, relativo non solo all’infanzia ma anche alla vita intrauterina. Affonda cioè le sue radici nella sofferenza dovuta alle difficoltà del rapporto di simbiosi – separazione vissuto allora con la propria mamma. Sofferenza dimenticata e rimossa in una parte della propria mente da cui riemerge quando la donna si confronta con racconti di parti molto dolorosi, difficili, rischiosi.
Purtroppo chi divulga informazioni ansiogene sul parto non si rende conto di quanto possano essere traumatizzanti se entrano in feedback con i vissuti che certe donne portano in sè. La parvenza di obiettività con cui costoro giustificano la loro paura in realtà ne maschera la fragilità di fronte a questo argomento.
Nel corso del travaglio il perineo, che normalmente ha la funzione di supporto degli organi interni, deve rilassarsi e attivarsi per contribuire alla nascita del feto. E’ quindi importante prepararlo durante la gestazione perché possa svolgere questo compito al meglio (cfr. Il perineo nella preparazione al parto).
Indicativamente i più usati sono: Actae Racemosa, prescritto generalmente alla 15CH, che serve anche per regolare le contrazioni a fine gravidanza; Pulsatilla, per superare la paura di separarsi dal bambino che puo bloccare la dilatazione; Ignatia amara se la paura migliora distraendosi (per esempio sentendo della musica); Gelsemium 15CH se la paura paralizza e impedisce la capacità di ragionare creando disturbi addominali. Può essere usato anche dai papà se si sentono angosciati dagli eventi.
Per regolarizzare la dinamica della fase dilatante. si è dimostrato efficace Il Caulophyllum (erba delle squaws) in diluizione omeopatica, che si può assumere in granuli alla 5CH, 3 granuli sotto la lingua ogni mezz’ora durante tutta la fase dilatante.
Dott. G. Maggi
Dott. M. Marcone www.marcellamarcone.it