In che modo il bebè diventa una persona?

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Quando viene al mondo l’essere umano è un grande prematuro, anche se è nato a termine. Non sa di esistere e non è in grado di sopravvivere senza la presenza di qualcuno che lo accudisca. All’inizio della sua vita le sensazioni negative di dolore, di smarrimento, di angoscia prevalgono: il pianto esprime la sua difficoltà a respirare, il senso di pesantezza che prova dal momento che passa da un ambiente liquido ad uno aeriforme, la fame che gli crea una forte dolorosa tensione che non è ancora in grado di alleviare attraverso la rappresentazione del cibo.  Se non viene aiutato a superarle, queste sensazioni lasciano  nella sua psiche  tracce indelebili  che  possono ripresentarsi in certe malattie mentali.

Si capisce dunque quanto sia  importante nei primi 4/5 mesi di vita un gratificante rapporto fusionale con la madre, vissuta come parte di se stesso, come suo prolungamento che gli permette la sopravvivenza. Da questo legame così stretto tuttavia deve poi uscire, altrimenti rimane imbrigliato in uno stato di confusione con la madre che non gli permette di svilupparsi nella sua individualità. Più questa relazione  sarà stata soddisfacente per entrambi i membri della diade, più saranno in grado di affrontare senza troppe difficoltà una successiva e necessaria  tappa di sviluppo.

Il legame tra la madre e il bebè che caratterizza i primi mesi di vita (e che spesso le mamme dimenticano di aver vissuto), viene chiamato da Winnicott (pediatra e psicoanalista inglese) “preoccupazione materna primaria”.

E’ descritto come una condizione psicologica  particolare della madre  che riguarda la fine della gravidanza e le prime settimane di vita del bebè; è caratterizzata da una estrema sensibilità che permette alla donna di sintonizzarsi col suo bambino, di capirne  i bisogni, gli stati d’animo. Se non fosse legato alla nascita questo stato potrebbe sembrare patologico, dissociato, invece costituisce una sorta di “normale malattia” in cui tutta l’attenzione materna si focalizza  sul bebè, che occupa il primo posto nei propri pensieri, che fa dimenticare se stessa e ciò che le sta attorno.

Il bambino ha bisogno di questa intensa presenza della madre presso di lui, non solo da un punto di vista pratico per quanto riguarda l’accudimento e la soddisfazione dei bisogni primari. Ha bisogno di sentirsi al centro dei pensieri della madre, del suo sguardo, della sua voce, delle sue parole anche se ancora non le comprende, del contatto con le sue mani che gli fanno poco per volta prendere coscienza del suo corpo. Ha bisogno di sentire la gioia della mamma che si occupa di lui, che soddisfa i suoi desideri, perché solo cosi diventa capace di anticipare, attraverso la rappresentazione, il soddisfacimento.

Questo significa che la disponibilità iniziale della madre rafforza nel piccolo la certezza di essere amato, desiderato, gratificato e dunque lo aiuta a non vivere l’attesa con un senso di totale angoscia.

Considerando l’importanza vitale di questo primo periodo in cui diventare un “soggetto”, una persona dipende dalla qualità del legame con la madre, è auspicabile che questa si prepari psicologicamente a vivere con serenità il periodo che segue la nascita, (anche se sarà caratterizzato da ritmi di vita diversi) e si organizzi per potersi dedicare completamente al suo cucciolo senza lasciarsi distrarre da troppi altri interessi

Dott. M. Marcone  Milano

www.marcellamarcone.it