7 – Essere una madre “sufficientemente buona”

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Da quando sono diventata mamma la mia piccola occupa tutti i miei pensieri, anche nei momenti in cui non è presente. Mi assorbe completamente, come se il cordone ombelicale che ci ha unito per i nove mesi della gravidanza non fosse stato reciso alla nascita ma ci facesse sentire ancora legate. Come spiegare altrimenti i miei risvegli notturni prima ancora che pianga? O indovinare la posizione giusta per farla addormentare? O con che tono parlarle quando è agitata?

Credo che usare il mio “fiuto” costituisca il modo migliore per entrare in sintonia con lei, senza pensare troppo a cosa devo fare ma semplicemente comportandomi nel modo che sento più adatto a me e, di conseguenza, a lei. Certamente avere già una figlia e aver letto molto sui neonati e su come vanno trattati mi è di aiuto, ma soprattutto credo, in base alla mia esperienza, che più una mamma è serena e positiva più le è facile affrontare nel modo giusto le diverse situazioni che ogni giorno le si presentano che richiedono comportamenti immediati e spontanei.”

La nascita di un bambino costituisce un’esperienza così intensa e profonda che influenza i pensieri, le fantasie, le paure, le emozioni della donna, che ne affina il sistema sensoriale rendendolo più ricettivo.

L’accresciuta sensibilità della madre, che le permette di sintonizzarsi con i bisogni del bambino, di decodificarne le richieste, è chiamata da Winnicott (pediatra e psicoanalista inglese che approfondì lo studio del rapporto madre/bambino) “preoccupazione materna primaria“.

Si tratta di una identificazione della madre al bebé, “una gestazione psichica del neonato”, un  totale investimento affettivo, tanto necessario nelle prime settimane dopo il parto quanto potenzialmente deleterio per il bambino se si prolunga troppo nel tempo e se sostituisce le altre relazioni della madre: col compagno, con altri eventuali figli, con le sue attività.

Questo stato psicologico, che varia da una donna all’altra (e che può presentarsi con caratteristiche diverse anche con l’uno o l’altro figlio), rende la madre “sufficientemente buona” , ossia capace, istintivamente, di accudire il bambino, dosando in modo ottimale le gratificazioni e le frustrazioni a cui lo sottopone.