Aspetti psicologici dell’aborto volontario

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Purtroppo anche oggi molte donne ricorrono al ginecologo perché “risolva un imprevisto” anche se dovrebbero essere ben informate e consapevoli che anche un solo rapporto non protetto (a volte neppure completo) può causare una gravidanza!

La situazione si presenta in modo trasversale per età e per livello culturale, riguarda sia la giovanissima che la donna matura, che spesso ha già dei figli e non se la sente di ricominciare da capo.

A livello psicologico per tutte la scelta di abortire, per quanto ponderata, non è  esente da un malessere che molte non riconoscono o non vogliono ammettere, che si può manifestare  prima dell’aborto, subito dopo, o anche a distanza di tempo e che può condizionare  eventuali gravidanze successive e il rapporto con i futuri bambini.

Per quanto sicure, decise in una scelta che ritengono inevitabile, molte si presentano in sala operatoria  piangendo, vacillanti nelle loro convinzioni che fino a poco prima erano certezze. Altre invece paiono non accusare il colpo, mantengono la serenità e la sicurezza anche al momento dell’evento , ma poi spesso a distanza anche di qualche mese, se una situazione richiama quel trauma che credevano di aver superato, possono cadere in uno stato depressivo, che magari non collegano neanche al precedente aborto.

Non sono soltanto i sensi di colpa a causare questo stato di malessere, ma anche il riemergere dell’angoscia dell’abbandono che molte persone possono aver provato durante l’infanzia, anche se non sono mai state abbandonate.  La mancanza o la discontinuità dell’investimento affettivo infatti può aver fatto sentire la bambina inerme e fragile, in una situazione di pericolo, di deprivazione affettiva, anche se questo non corrisponde alla realtà dei fatti. L’aborto mette in feedback la madre con queste sensazioni del passato che amplificano i sensi di colpa grazie alla sua identificazione con l’embrione abortito. È come se tutta l’aggressività provata nell’infanzia verso i personaggi che l’hanno fatta sentire abbandonata fosse rivolta verso se stessa, adulta che rigetta un bambino che non nascerà in cui si identifica.

A questo si aggiungono le paure di aver causato dei danni al suo corpo con l’aborto, che possono mettere in serio pericolo la sua possibilità di procreare di nuovo.  Spesso infatti la sterilità si presenta in seguito a uno o più aborti provocati. Senza disinnescare i sensi di colpa per qualcuna diventa difficile restare di nuovo incinta e portare a termine una gravidanza. Per altre, che ci riescono, è il rapporto con il bambino che può essere condizionato da quanto avvenuto in precedenza. La “cattiva madre” che ha abortito si tramuta in madre eccessivamente protettiva verso il neonato, come se dovesse farsi perdonare da questo figlio ciò che ha fatto all’altro. Va però ricordato che la possessività della madre nasconde una forte dose di aggressività da cui comunque il bambino si deve difendere!

Considerando le ricadute psicologiche che può avere un aborto volontario sarebbe auspicabile che potesse essere metabolizzato attraverso un lavoro psicologico di rielaborazione dell’evento, con  benefici non solo personali ma anche per la prole.

Dott. M. Marcone   www.marcellamarcone.it