Affrontare il disagio del bebè

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Una delle maggiori difficoltà che incontra la mamma all’inizio della sua “carriera” è quella di non essere preparata  ad affrontare il disagio che il neonato esprime e di non sapere come intervenire per placarlo.

Innanzitutto è bene ricordare che tutti i bebè attraversano momenti di  malessere legati a sensazioni di fame non immediatamente soddisfatte, o di fastidio a essere lavato, cambiato, vestito, o di dolore (mal pancia, male alle orecchie), che si esprimono e scaricano con il pianto (cfr. Riconoscere il pianto del neonato).

Tuttavia la loro frequenza e intensità variano da un neonato all’altro, in base alla sua reattività agli stimoli e al sostegno che percepisce gli  dia chi si prende cura di lui.

Il bebè infatti, anche se appena nato, “sente” la presenza di una mamma in grado di contenere il suo malessere e di comunicargli sicurezza e serenità, attraverso il “linguaggio non verbale”, con cui interagisce con lui.

Si tratta di un modo di comunicare fatto di caratteristiche che l’adulto spesso non prende in considerazione, dal momento che è abituato a privilegiare il sistema linguistico. Siccome il bebè non conosce il significato delle parole, reagisce ad altri stimoli, che riguardano per lo più il sistema cinestesico che si esprime attraverso la postura, i movimenti del corpo, la gestualità, lo sguardo. Si tratta di aspetti non razionali, spontanei, che mettono in evidenza lo stato emotivo delle persone e che inconsapevolmente trapelano dal modo in cui tengono in braccio il bambino, lo accarezzano, o stabiliscono con lui un contatto visivo. A questo si aggiungono aspetti paralinguistici, come il ritmo delle parole con cui si rivolgono al piccolo, o l’intonazione usata per parlargli.

Si può dunque capire che non esistono comportamenti ‘miracolosi’  che alleviano il disagio del bebè, ma che quelli dettati dal buon senso (prenderlo in braccio, allattarlo, accarezzarlo, parlargli, cullarlo) hanno maggiore o minore probabilità di successo in base allo stato d’animo di chi li mette in atto.

I neonati infatti si rasserenano più in fretta e più facilmente se percepiscono la disponibilità di chi si occupa di loro, che si manifesta a livello corporeo attraverso la rilassatezza muscolare di chi li tiene in braccio o li accarezza, il tono della voce pacato, lo sguardo dolce anche se attento e sicuro. Se questi elementi della comunicazione non verbale sono carenti, se la mamma si irrigidisce diventando ”poco contenitiva”, l’insicurezza del piccolo prende il sopravvento e va ad alimentare lo stato di malessere in cui già si trovava. Inoltre il pianto, le urla, l’agitazione del bebè rafforzano la tensione e le difficoltà della madre: il suo intervento, che voleva essere di aiuto, ottiene l’effetto contrario!

Dott. M. Marcone   Milano

www.marcellamarcone.it