Se la mamma si allontana psicologicamente…

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Per lo sviluppo psichico del bambino è fondamentale il rapporto che instaura con la madre. Se la presenza materna è carente sotto l’aspetto qualitativo, il bambino può sviluppare una sorta di depressione spesso non riconosciuta come tale, che può sfociare, in età adulta, in una sindrome specifica, la “psicosi bianca”. Si tratta di una psicosi atipica, che non si manifesta con delirio o depressione, ma con la paralisi del pensiero, la sensazione di vuoto, di “avere un buco dentro”.

Lo psicoanalista francese Green analizza le cause di questa patologia in un saggio intitolato “La madre morta”. In realtà la madre di cui parla non è morta, ma è lontana come se non ci fosse e si occupa del bambino “senza metterci il cuore”, perché totalmente coinvolta in altre problematiche su cui si concentrano la sua attenzione e i suoi sentimenti.( cfr. Munch La madre morta e la bambina) 

Questo significa che anche se la madre è fisicamente presente, ma a livello psicologico  lontana, il figlio sente inconsciamente di non poter fare affidamento su di lei perché c’è ma è come se non ci fosse. Di solito questo avviene dopochè il bambino ha sperimentato un buon rapporto con la madre. Poi però questo muta perché una situazione imprevista (come un lutto reale o simbolico, o l’assenza, la lontananza, la mancanza di una persona amata) viene a turbare la madre. La sua profonda tristezza e distrazione si riflettono nella diminuzione dell’interesse verso il piccolo che può provare l’angosciante sensazione di averla perduta per sempre.

Non essendo in grado di darsi una spiegazione di questo cambiamento, spesso repentino, lo vive come una vera catastrofe, di cui sentirsi colpevole, perché ritiene che possa essere stata causata dal suo modo di comportarsi.

Di questo stato di malessere è possibile evidenziare due fasi.

  • La prima, caratterizzata dall’ansia, in cui il bambino cerca di lottare per non perdere la mamma, sollecitandola e richiamandola nella relazione attraverso tutti i mezzi somatici che ha a sua disposizione: rifiuto del cibo, disturbi gastrointestinali, problemi del sonno, irriducile opposività.
  • La seconda in cui compare lo stato depressivo, caratterizzato da regressione o perdita delle abilità acquisite nelle diverse aree dello sviluppo affettivo, cognitivo, fisico. Il bambino mostra un ritardo significativo nel raggiungimento di tappe importanti quali sorridere al volto umano, seguire un oggetto, ecc.

Di fronte al disinvestimento materno il bambino dunque all’inizio lotta, poi disinveste a sua volta l’oggetto (madre), quindi, nell’impossibilità di riconquistarlo vi si identifica, ossia cerca di diventare come esso è. Sarebbe portato a lasciarsi morire non potendo spostare sulla madre, debole e vulnerabile, la sua aggressività, che allora viene rivolta a qualcun altro  (padre, un fratello/sorella) considerato il presunto responsabile della depressione materna, di cui lui è la vittima.

Il rapporto con una “madre morta che morta non è“ condiziona a  tal punto gli investimenti affettivi, che le persone che nell’infanzia lo hanno vissuto spesso, durante la psicoterapia esprimono intensi sentimenti di rancore verso qualche persona della propria famiglia, sentita come il proprio persecutore, il responsabile di tutto il loro malessere infantile. Con il procedere del lavoro però prendono coscienza che quella persona è solo uno schermo dietro il quale si nasconde la madre. Esaurita da un rapporto ambivalente con tale persona non è più stata in grado di investire affettivamente l’altro figlio, che, attribuendo al suo cattivo comportamento l’allontanamento materno, vive sopraffatto da sensi di colpa che condizionano anche in età adulta il suo modo di essere.

Dott. M. Marcone  www.marcellamarcone.it