L’allattamento dalla parte della mamma

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Se negli anni 50 la maggior parte dei bambini veniva allattata al biberon, oggi la prima proposta rivolta alle puerpere è di allattare al seno. Il latte materno infatti è il più adatto alla crescita del cucciolo umano, sia perché il colostro è ricco di fattori nutritivi e di elementi immunizzanti, sia perché la sua composizione si adatta perfettamente alle necessità del neonato.
Queste evidenze però non prendono in considerazione una variabile fondamentale, che riguarda lo stato psicologico di chi offre questo “nettare” e che influenza il benessere di chi lo riceve. Sotto l’aspetto psichico quindi la differenza tra allattamento al seno e al biberon non sussiste: per essere una buona mamma, presente psicologicamente per il neonato, non è determinante il modo in cui lo allatta (al seno o al biberon), ma lo stato d’animo con cui lo si fa. L’allattamento infatti è il momento relazionale più importante nella vita del piccolo, che ha altrettanto bisogno di nutrimento per crescere che di serenità per cominciare a costruirsi un’immagine positiva del mondo che lo circonda. Questo può avvenire se più volte, durante la giornata (e la notte), ha accanto qualcuno totalmente dedicato a lui, capace di vivere questo impegno con disponibilità e serenità: la mamma o un suo sostituto.
L’allattamento al seno presenta sia vantaggi che svantaggi, che ogni donna dovrebbe avere ben presenti, per non farsi condizionare nella scelta di come allattare da chi si schiera dalla parte del bambino, senza tenere in considerazione le sue esigenze (che passano in secondo piano in tutte le situazioni che si scostano dalla normalità: neonato prematuro, sottopeso, affetto da patologie).
Allattare al seno rappresenta il modo fisiologico di recidere il cordone ombelicale che lega madre e figlio sotto l’aspetto psichico, che rende meno traumatica la separazione, dal momento che, se il rapporto è buono, i due elementi della diade continuano a funzionare in totale sintonia pur non essendo più uno parte dell’altro. Tuttavia è anche un periodo gravoso per la mamma: malgrado indiscutibili vantaggi pratici (il latte materno non fa mai male al bambino, è sempre pronto alla giusta temperatura e può essere dato ovunque), l’allattamento al seno richiede, almeno durante il periodo del puerperio, la totale disponibilità della mamma accanto al bebé che, all’inizio della sua vita, non è ancora in grado di gestire la tensione dovuta alla fame. La memorizzazione di ripetute esperienze di soddisfacimento è necessaria affinché il bambino possa imparare poco per volta ad adeguarsi a un orario, che libera la madre dalla disponibilità incondizionata e che insegna al piccolo a gestire la tensione dell’attesa sapendo, per esperienza, che il suo bisogno sarà soddisfatto.
Molte donne non sono preparate a affrontare con calma questo periodo di conoscenza reciproca: si illudono che un neonato fin dall’inizio sia in grado di rispettare degli orari, o che il latte materno presenti ad ogni poppata le stesse caratteristiche nutritive a prescindere dal loro stato psicofisico Si sentono perciò invase dalla presenza del bebè che, con le sue continue richieste genera in loro tensione e difficolta a occuparsene, con conseguenti sensi di colpa.
Sarebbe utile che ai corsi preparto si parlasse dell’allattamento visto anche dalla parte della mamma e non si colpevolizzasse chi “non se la sente” perché troppo provata per farlo, ricordando che

essere una buona madre è molto più che dare il seno al bambino!