Il “papà-chioccia” esiste: la storia di Giorgio

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Giorgio, di 39 anni, è un padre-chioccia: se avesse potuto, avrebbe voluto avere la pancia. Con il suo Adriano Valerio, nove mesi, cerca di passare più tempo possibile. E, nonostante problemi lavorativi e diverse paure legate all’ambiente in cui vive, tira dritto verso il futuro: vuole dare a suo figlio il massimo. 

Com’è nata la tua voglia di paternità? E com’è fare il padre, nella pratica?

È nata nel momento in cui ho sentito battere, per la prima volta, il cuore di mio figlio. Lì ho realizzato che sarei diventato padre, anzi, che già lo ero! Adriano Valerio è un bimbo nato dalla volontà di entrambi i genitori.

Imparo a essere padre ogni giorno, cercando di mettere sempre buon senso in quello che faccio. Tante volte, soprattutto nei primi mesi, mi sono sentito spaesato, ma l’amore e il senso di protezione, assieme a sangue freddo e di raziocinio, ti guidano nel fare le cose nel migliore dei modi. La paternità è la cosa più bella che potessi avere dalla vita: mi ha fatto capire cos’è l’amore vero, mi ha dato occhi nuovi anche nel rapporto con la mia compagna.

Ti ricordi il giorno in cui l’hai scoperto?

Erano i primi di aprile del 2017. Il test di gravidanza e le analisi del sangue ci hanno dato certezza: quella volta sentivamo che c’era qualcosa, anzi “qualcuno” tra noi. Valentina mi ha mandato una foto sfuocata su WhatsApp del risultato del test di gravidanza. Non ho capito subito l’esito… ma in fondo, sapevo già la risposta.

Che emozioni hai provato durante la gravidanza?

I primi mesi, quelli in cui la pancia non è ancora ben definita, ero anche io in attesa: volevo vedere il pancione! Quando ha cominciato a prendere forma, l’impazienza di sentire il bambino muoversi mi ha tormentato per giorni interi. La prima volta che ha dato un calcetto è stato durante un concerto estivo di Michele Zarrillo, forse per protesta… ma che emozione! Lì inizia il “dialogo” con tuo figlio: se Valentina sentiva qualsiasi movimento, io lo dovevo e lo volevo intercettare.

La comunicazione con mio figlio è nata in quel momento: quella che ieri era la mia mano sulla pancia di Valentina, oggi è la mia mano che carezza la testolina di Adriano Valerio. Un continuum che non si è interrotto mai, ha solo cambiato modalità.

Paura ne hai mai avuta?

No, anche perché ho sempre cercato di creare un’aurea protettiva attorno a noi e poi la gravidanza è andata bene. Qualche preoccupazione è nata a causa dei lavori per ristrutturare la nostra casa, protrattisi più del dovuto, e con il negozio di mobili che ci ha creato problemi e ritardi. Nove mesi sono volati e un po’ quel periodo mi manca. Sei completamente spaesato, ubriaco di vita, ma che bella sensazione!

 E poi è nato…

E chi se lo scorda più… era l’8 dicembre 2017 alle ore 4.10. Valentina era ricoverata da due giorni in ospedale per l’induzione: la data presunta di nascita era stata abbondantemente superata.

Il 7 dicembre, dopo aver lasciato Valentina nella sua stanza, sono uscito con un amico a bere qualcosa lì di fronte, finché mia suocera mi ha chiamato per dirmi di correre, che le contrazioni erano aumentate. Ho aspettato notizie in sala di attesa fino alle 3 di notte, finché vedo passarmi davanti Valentina distesa sulla lettiga in direzione sala parto. Quando si dice che i minuti diventano ore quando sei in attesa di qualcosa di importante è vero. Non so quanto tempo ho aspettato prima di entrare in sala parto, ma quando l’infermiera mi ha chiamato il cuore mi batteva forte in gola e quando sono entrato era già tutto iniziato.

Cos’hai provato?

Mi sembrava di partorire anche io con lei! Per fortuna il sangue freddo e lo stomaco forte mi hanno dato forza. Ho tenuto la testa di Valentina durante tutto il parto, cercando di aiutarla nella spinta. Non ho mai sentito urlare così una persona. Ad un certo punto, si è creata una situazione di stallo perché la spinta non era sufficiente e il medico ha fatto una manovra tale da aiutare Valentina a far uscire il bambino.

Adriano Valerio non ha pianto subito: sono andato nel panico ma ho cercato subito di tornare lucido anche per Valentina che era stremata. Secondi interminabili, non riuscivo a vederlo. Poi, finalmente il primo vagito e la vita che prendeva posto nel mondo. Dopo aver sentito il suo battito, dopo aver visto per la prima volta il suo viso nell’ecografia, eccolo lì davanti a me: ha smesso di piangere e mi ha osservato, anche se mi hanno spiegato che per i suoi occhi ero ancora solo un’ombra. Lì è nata una famiglia, ed è stato fantastico: nove mesi di attesa materializzati in quel bambino piccolissimo, con tanti capelli e le manine minuscole.

E ora che Adriano Valerio ha nove mesi?

La mia più grande paura è non vederlo crescere. Nei primi mesi questo pensiero è diventato quasi una fobia: pensare che può crescere senza suo padre mi mortifica.

Per questo ho cercato di stare con lui quanto possibile. Con lui è un’emozione continua: restano indelebili la prima volta che mi ha chiamato “papà” (è precocissimo!), che si è alzato in piedi da solo, che mi ha abbracciato per darmi un bacino sulla guancia.

Ma sono comunque preoccupato per il suo futuro: non mi piace la città in cui viviamo, è inquinata, la gente è diventata cattiva e menefreghista, non ci sono aree verdi. Vorrei avesse intorno a sé un ambiente esterno sano.

C’è qualcosa che non ti aspettavi?

Non mi aspettavo di perdere il lavoro un mese prima che nascesse il bambino. Dopo quasi tre anni di collaborazione, il giorno prima del rinnovo del contratto. E poco dopo la nascita sono terminate anche altre due importanti collaborazioni lavorative. In pratica, mi sono ritrovato senza lavoro e con il bimbo che non aveva un mese, con la mia compagna, in quel momento, in disoccupazione. Non mi aspettavo la morte improvvisa di mia nonna, a cui ero legatissimo. Nel giro di pochi giorni mi è cascato il mondo addosso e solo lo sguardo di mio figlio, il sapere che dovevo reagire per lui mi ha dato la forza di inventarmi qualcosa. Eppure, dopo nove mesi siamo qui, in qualche modo, a vincere piccole battaglie giornaliere.

C’è un elemento imprescindibile nel tuo essere padre?

La totale abnegazione per mio figlio: non voglio perdere tempo, voglio essere presente sempre finché potrò.

La cultura è un altro elemento cui tengo molto. Anche se adesso è piccolo, voglio impostare già da ora le basi per la sua cultura personale. Stimolarlo sempre e costantemente attraverso la musica, il racconto, il gioco, lo stare insieme agli altri.

Ma che bimbo è Adriano Valerio?

Sorride sempre. Ama stare tra la gente e le persone lo adorano, tanto che non riusciamo a fare una passeggiata senza che qualcuno ci fermi. È molto comunicativo, ha già sviluppato un’importante manualità ed è molto curioso. Lo so che lo dicono tutti i papà, ma sento che farà grandi cose nella vita: riesce a trasmettere a chi sta intorno serenità. Riesce a strappare un sorriso a tutti. È amato dal popolo. Poi, con un nome così…