Quali gli ostacoli che provocano l’incapacità a dire di no? Anche per rispondere a questa domanda potremmo individuare tre punti:
– dire di no può risultare faticoso,
perché presuppone che si vada alla ricerca di soluzioni alternative e che, per di più, si abbia tempo ed energia per reggere la probabile reazione di malumore o insoddisfazione del bambino; indubbiamente è più facile demandare ad altri o delegare, per esempio, alla Tv;
– dire di no può sembrare pernicioso ai fini dello sviluppo,
ma questa è un’opinione che poggia sui condizionamenti che ogni genitore ha ricevuto nella propria educazione e che non necessariamente vanno applicati alla lettera, in quanto ogni situazione è nuova, ogni bambino è unico, ogni essere umano è in perenne evoluzione;
– dire di no può essere assimilato ad un conflitto tra desideri,
tra i desideri propri del genitore e tra questi e quelli del bambino: andare contro i desideri di un bambino, specialmente quando è vissuto come prolungamento di sé, equivarrebbe pertanto ad andare contro una parte di se stessi.
Inoltre, spesso il dilemma tra “dire no” o “dire sì” è sostenuto dalla convinzione che il “sì” sia positivo e il “no” sia negativo. Eppure, quanti “sì” vengono pronunciati semplicemente perché viene meno l’energia per creare situazioni che siano realmente promotrici della crescita e, dunque, della vita? Tutti quei “sì” si tramutano nel loro contrario, poiché sono dettati da disinteresse, mancanza di tempo, di attenzione, di partecipazione empatica e fattiva.
Dire “no”, al momento giusto e con il tono giusto, denota una presenza vera, non fasulla, una partecipazione valida, una complicità sul piano affettivo e, pertanto, equivale a dire “sì” allo sviluppo armonioso di un bambino e alla sua crescita personale, così come all’evoluzione dell’adulto, nel suo duplice aspetto di persona e di genitore. In ambito educativo, la saggezza di Saint Exupéry, tratta da straordinarie esperienze di vita, si traduce in una esortazione che può accompagnare chiunque nel cammino di crescita: “Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito” (Citadelle, 1948).
Dott. O. Vevey, psicoanalista