Dove nasce l’insicurezza di molte neo mamme?

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Il tanto atteso momento del ritorno a casa col  bebè è considerato dalla maggior parte delle madri molto faticoso e difficile.

L’accudimento di un neonato infatti rappresenta un compito impegnativo e di grande responsabilità, che prevede solo occasionali pause, all’inizio non programmabili. In molti casi chi si occupa di lui (di solito la madre) non è sufficientemente preparata a farlo perché, finché non lo prova, non si rende neanche conto di quanto assorba ogni aspetto della sua esistenza.

Un tempo il ruolo della famiglia, oltre a  fornire aiuto e sostegno alla puerpera, permetteva di sperimentarsi, di apprendere con altri neonati prima che con il proprio, cosa e come fare. Oggi invece per molte donne  doversi occupare di un bebè rappresenta una sfida per la quale spesso non si è preparate, né dal punto di vista ‘teorico’ né da quello pratico!

Molte infatti non si rendono conto di quali siano i reali bisogni di una creatura che ha solo pochi giorni di vita, hanno difficoltà nel capire come vengano espressi i suoi desideri, non sanno come e quando soddisfarli. 

La maggior parte impara “sul campo” come un neonato debba essere tenuto, nutrito, vestito, lavato. Infatti sono poche le primipare che hanno già avuto occasione di accudire un bambino così piccolo prima della nascita del proprio!

È comprensibile dunque che provino un senso di incertezza e di ansia quando si rendono conto di dover rappresentare il punto di riferimento di un essere che dipende completamente da loro, a cui dovrebbero comunicare una serenità che non sono in grado di provare.

Ma oltre a queste banali considerazioni, non ci sarà qualcos’altro che  rende così insicure queste mamme e che non permette loro di godersi il primo periodo di vita del bambino?

Non sarà che la totale mancanza di sicurezza del neonato mina quella della madre che, rispecchiandosi nel figlio, viene messa in feedback col suo passato più remoto?

Ogni essere umano agli albori della vita infatti  ha provato quel senso di abissale impotenza e incertezza che Freud ha descritto usando il termine tedesco ‘Hilflosigkeit’. La lingua italiana non è in grado di  tradurlo con un’unica parola che indichi al tempo stesso il malessere, la paura, l’insicurezza che il bebè prova dal momento in cui si trova catapultato fuori dall’utero materno.

Un utero che, come abbiamo già scritto,(cfr. https://maternita360.it/lembrione-un-corpo-estraneo-per-la-madre-7/) non va considerato come una sorta di paradiso per l’embrione poiché, prima di accettarlo e proteggerlo da tutti gli stimoli (interni ed esterni) con cui dovrà confrontarsi dopo la nascita, gli è stato ostile a causa dell’incompatibilità cellulare delle primissime fasi della gravidanza.

Si può dunque ipotizzare che, le donne che hanno vissuto con maggiore intensità questo stato di malessere-insicurezza-paura della prima infanzia, trovandosi dopo il parto a stretto contatto con un neonato percepiscano che riaffiora, anche se non si  rendono conto di cosa si tratti.

Come se mettersi nei panni di un bebè appena nato facesse ritrovare dei vissuti traumatici in grado di determinare la propria capacità di capirlo e di accudirlo!

Questo spiegherebbe il motivo profondo per cui certe mamme, in crisi nelle prime settimane di vita del bambino, cominciano a ‘funzionare’ meglio man mano che il piccolo cresce!

Per una mamma tuttavia, capire le ragioni per cui queste difficoltà si presentano non basta per superarle, né cancella il rincrescimento di non aver goduto di questo periodo di vita del suo bambino. Periodo di fondamentale importanza per acquisire la sicurezza che gli servirà per affrontare molte situazioni della sua vita futura e che la mamma gli potrà comunque dare in seguito soprattutto se, lavorando su se stessa, si staccherà da ciò che l’ha condizionata quando era bambina.

(cfr. Difficoltà delle mamme al rientro a casa con bebé)

Dott. M.Marcone   Milano

www.marcellamarcone.it