Bambini e “oggetti del cuore”

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Quasi tutti i bambini tra i quattro e i dodici mesi tendono ad  affezionarsi a un oggetto particolare come un un fazzolettino, uno straccetto, il lembo di una copertina o anche un pelouche che amano  succhiare, stringere a sé, avere vicino nei momenti in cui vengono messi a dormire o devono fronteggiare delle difficoltà, (per esempio essere separati dalla mamma).

Questi oggetti con cui il bambino instaura un legame profondo hanno una funzione assai importante nel suo percorso evolutivo: sono rassicuranti, lo aiutano a superare l’angoscia di separazione o la frustrazione che prova in un momento di sconforto. Infatti rappresentano qualcosa di famigliare a cui aggrapparsi, che consola, che permette di superare la paura della novità.

  1. Winnicott, pediatra e psicoanalista inglese vissuto nel XX secolo, ha chiamato questi oggetti transizionali, in quanto compaiono in un periodo particolare di vita del bambino, quello di transizione tra la fase fusionale in cui il piccolo si sente tutt’uno con la madre e quello in cui poco per volta deve imparare ad accettare di esserne distaccato. Nei primi mesi di vita infatti il piccolo si vive come parte della mamma, che se è ‘sufficientemente buona’ si prodiga per soddisfare i suoi bisogni e realizzare i suoi desideri. Crescendo però deve confrontarsi con l’obiettiva impossibilità materna di soddisfare tutti i suoi desideri. Questo crea una sorta di gap tra lui e la madre che lo porta poco per volta a rendersi conto che non ne fa parte ma che è staccato, separato da lei e che deve accettare questa realtà oggettiva così lontana da quello che credeva.

Per imparare a farlo si serve appunto del cosiddetto ‘oggetto transizionale’, ossia di un giocattolo o quant’altro che gli permette di vivere le sensazioni di sicurezza che gli dava la presenza della mamma…proprio per affrontare la difficoltà della separazione e della sua assenza.

L’oggetto transizionale dunque è un sostituto della madre e allo stesso tempo una parte quasi inseparabile di se stesso.

Un oggetto intermedio ‘non me’ ma percepito come parte di me, in quanto costituisce un mio possesso.

Man mano che il bambino cresce e riesce a distinguere l’oggettività dalla soggettività, l’oggetto transizionale perde la sua funzione e viene abbandonato, ma non dimenticato. Ecco perché, anche se al bambino non serve più per riceverne conforto, è preferibile che venga buttato via solo quando sarà lui a decidere di potersene staccare definitivamente.

 cfr. D. Winnicott, Oggetti transizionali e fenomeni transizionali, 1953

Dott. M. Marcone Milano

www.marcellamarcone.it