Aspetti ambivalenti del rapporto con la madre durante la gravidanza

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Per molte gestanti il legame con la madre può assumere tinte anche molto forti durante la gravidanza. La donna, infatti, nel periodo in cui sta per diventare madre a sua volta, è portata più o meno consapevolmente a confrontarsi con l’immagine di madre che ha dentro di sé, che può corrispondere anche solo parzialmente a quella reale. Questa immagine dipende, oltre che dal modo in cui la madre ha realmente soddisfatto i desideri della figlia, anche dalla loro forza. Le volte in cui questi si sono presentati con particolare intensità, qualsiasi risposta materna può essere stata insufficiente a esaudirli. Il rapporto dunque può essere risultato frustrante non per la scarsa disponibilità della madre, ma per la sua reale impossibilità a soddisfare delle richieste eccessive.

A volte, sentendo come una persona parla della propria madre, si può essere tratti in inganno e valutare il rapporto in modo erroneo: spesso infatti emergono soprattutto gli aspetti conflittuali, aggressivi, che possono nascondere la presenza e l’intensità dell’amore.

L’alternanza tra lati materni «negativi» e lati materni «positivi» si ripropone spesso nei discorsi della donna incinta, che rivive con particolare intensità in questo periodo, tutte le ambivalenti sfaccettature del rapporto con sua madre. In particolare, durante la gravidanza, torna in primo piano la conflittualità sorta in età infantile (tra  i 3 e i  5 anni circa), durante il periodo edipico in cui la figlia vuole prendere il posto della mamma e sostituirsi a lei nel suo ruolo di moglie del papà. La madre, in questo periodo infantile, è vissuta come un’intrusa contro cui rivolgere la propria aggressività, una rivale che da un lato si vorrebbe distruggere ed eliminare, ma che dall’altro costituisce anche una forte fonte di affetto e un modello da imitare. Il profondo legame con la figura materna è caratterizzato dall’ambivalenza, ossia dalla compresenza di affetti opposti provati simultaneamente verso la stessa persona.

L’ambivalenza vissuta in età infantile verso la propria madre è proporzionale a quella che colora, in modo più o meno intenso, le sensazioni che la gravida prova per suo figlio, a prescindere dalla sua volontà. *

Spesso però i sentimenti di aggressività e di rifiuto per il bambino non arrivano fino alla coscienza della donna perché causano forte angoscia, per cui vengono isolati e repressi: la gravida evita di riconoscerli e di prenderne atto e si comporta come se non esistessero. In ogni caso la tensione che sta alla base di questa “complessità affettiva” ha bisogno di una via di sfogo che, per esempio, può essere costituita da sintomatologie somatiche o psichiche. Pur rendendo meno sereno il periodo della gravidanza, sono non solo necessarie ma indispensabili nel caso in cui le tensioni interne siano così forti da poterne pregiudicare l’esito.

[vc_message style=”square”]COSA E’ LA PSICHE?

La psiche può essere definita come “quella parte della persona che non deriva dal somatico e che si spiega diversamente che con le leggi della biologia”. Se una volta equivaleva alla coscienza, da Freud (1856-1939) va al di là del cosciente e comprende anche i processi dell’inconscio, ossia di quella  parte della mente che sfugge all’attenzione della mente stessa.

L’inconscio è una memoria rimossa di esperienze di soddisfazione e di frustrazione registrate durante la vita intra-uterina e infantile. Si tratta cioè di desideri e trascrizioni di vissuti remoti (che hanno accessibilità alla coscienza solo in forma deformata) che costituiscono il motore che spinge verso direzioni anche diverse da quello che pensiamo razionalmente.L’inconscio si manifesta attraverso le ripetizioni, i sogni, i sintomi, ma anche con dimenticanze, lapsus, atti mancati che realizzano desideri profondi di cui si è ignari.

E’ importante avere presente l’esistenza dell’inconscio, per capire che spesso, anche per quanto riguarda la gravidanza, certe situazioni legate a desideri profondi sono estranee alla coscienza della donna, che le vive senza rendersene conto, dunque senza poterle influenzare con la sua  volontà. Offrire una lettura “diversa” di situazioni altrimenti incomprensibili, spesso dolorose, può aiutare ad accettarle con maggiore serenità o indurre a modificarle attraverso  interventi idonei per raggiungere questo scopo come la psicoanalisi o la psicoterapia.

 

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