Alcuni effetti della depressione materna sullo sviluppo del bebè

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Il malessere che molte madri vivono dopo il parto, non giustificato da situazioni obiettive di difficoltà ma solitamente attribuito all’eccessiva stanchezza, oltre a coinvolgere non solo la donna ma tutta la famiglia incide sullo sviluppo del psico-affettivo del bambino. (cfr. la depressione post partum)

Questa ragione dovrebbe indurre le madri in grado di riconoscere il loro stato, a cercare un aiuto per risolverlo al più presto, senza illudersi che il passare del tempo e la crescita del bambino permettano di superarlo.

Infatti le prime settimane di vita sono fondamentali nella costruzione della propria psiche, e vicino a una madre depressa il bambino ha molta più difficoltà a mettere delle basi solide al proprio mondo interiore, che potranno essergli di aiuto nel prosieguo della vita.

La donna depressa vive una sorta di distacco emotivo dal figlio, che non le impedisce di occuparsene con attenzione, di prendersene cura per quanto riguarda gli aspetti pratici: il bambino è nutrito e accudito ma da qualcuno che svolge questi compiti in modo distaccato, con scarsa partecipazione, senza provare una vera gioia, senza risonanze emotive positive. La madre. si occupa di suo figlio perché deve farlo, ma non vive i suoi gesti con piacere, anzi si sente “invasa” dai ritmi incalzanti a cui è sottoposta e non ha che il desiderio che questo periodo finisca il più presto possibile!

Il suo stato d’animo è percepito dal bambino che reagisce a questa scarsa sintonizzazione con la madre richiedendo continuamente contatto e attenzioni attraverso pianti frequenti, irritabilità, problemi legati all’alimentazione (sia al seno che al biberon), difficoltà di addormentarsi e numerosi risvegli durante la notte, richiesta continua di essere tenuto in braccio perché incapace di gestire i momenti in cui viene lasciato nella culla.

E’ come se il bambino, non sentendo la presenza affettiva della madre, non riuscendo a  introiettarla, vivesse in uno stato di perenne tensione e avesse continuamente bisogno di sollecitarla per potersi affidare a lei e rilassarsi Questo comportamento crea un circolo vizioso, in quanto più la madre si sente “in gabbia”, meno riesce a essere disponibile affettivamente per il bambino.

Nel bebè questa situazione è messa in evidenza da una serie di “sintomi” a cui spesso non si dà una lettura corretta :

  • ipotonia o estremo irrigidimento del corpo quando viene preso in braccio;
  • somatizzazioni a carattere digestivo (coliche, rigurgiti frequenti) respiratorio o dermatologico;
  • difficoltà di crescita, con curva inferiore alla media dell’età.

Da alcuni bebé invece il disagio può essere espresso attraverso un comportamento irreprensibile: troppo bravi, si rifugiano spesso nel sonno o si adattano all’umore serio o allegro della madre a cui sembrano fare da specchio.

Se lo scarso investimento emotivo della madre persiste nel tempo, la   frustrazione del bambino aumenta portandolo, in base alle sue caratteristiche, a reazioni diverse:

  • di inibizione dell’interazione: il bambino si rinchiude in se stesso, si isola, per il timore di relazionarsi con gli altri, fino a manifestare disturbi del comportamento e dell’apprendimento;
  • di reiterazione all’infinito della sua richiesta di attenzione. In questo caso si tratta di bambini ipercinetici, che hanno sempre bisogno della presenza di un adulto che si occupi di loro perché non sono in grado di fare qualcosa (o di stare) da soli.

Dott: M. Marcone   www.marcellamarcone.it