Nella letteratura, in particolare nei lavori di M. Ainsworth, viene proposta una classificazione dei vari modi di essere della madre in base alla presenza presso il bambino. Vengono evidenziate carenze quantitative, qualitative e discontinuità interattive.
– LE CARENZE QUANTITATIVE sono legate all’assenza reale, fisica della madre, e sono state messe in evidenza negli anni 60 soprattutto attraverso i lavori degli psicoanalisti J. Bowlby (1907 – 1990, britannico) e R.Spitz (1887 – 1974, austriaco).
Bowlby è noto soprattutto per la “Teoria dell’attaccamento” che approfondisce come si crea, di quale tipo può essere il legame madre/figlio, in che modo influenza lo sviluppo del bambino.
Spitz sottolinea l’effetto devastante, chiamato “depressione anaclitica”, che ha sul bambino la separazione dalla madre (o di un suo sostituto che lo accudiva). I sintomi che il bambino manifesta (pianto, dolore, rabbia, perdita di peso, rifiuto di contatto, ritardo motorio) se il ricongiungimento con l’oggetto non avviene entro poche settimane si acuiscono fino a portarlo a uno stato letargico, e spesso anche alla morte.
– LE CARENZE QUALITATIVE si producono quando la madre è fisicamente presente ma psichicamente assente o poco disponibile. In questo contesto la depressione materna, in particolare quella del post partum, ha un ruolo di primaria importanza.
Fa parte delle carenze qualitative la “falsa presenza materna”, ossia l’atteggiamento assente della madre verso il lattante.
Nella relazione con il bambino la madre falsamente presente si dimostra poco attenta alle sue richieste, distratta da problematiche interne che non le permettono di vedere e soddisfare i desideri dell’altro. Questa indifferenza emotiva che le impedisce di immedesimarsi nel bambino, di vivere quella che Winnicott definisce “preoccupazione materna primaria”, funge da meccanismo di difesa che inibisce, blocca le pulsioni aggressive inconsce particolarmente intense e distruttive in certe madri. La falsa presenza diventa dunque l’espressione dell’inibizione dell’aggressività (così intensa da non poter essere gestita) rivolta verso il figlio, che ne è l’oggetto ma non la causa. Tale aggressività infatti nasce nell’inconscio della madre, nel quale il figlio non esiste, se non come sostituto di oggetti legati alla sua vita intrauterina e infantile. Verso di essi è rivolta la sua aggressività, il figlio ne è solo un sostituto.
La falsa presenza costituisce un fattore di rilevante importanza nello sviluppo infantile. In base al terreno del bambino, la relazione con una madre falsamente presente può rappresentare un fattore eziologico determinante della psicosi.
– LE DISCONTINUITA’ INTERATTIVE riguardano sia gli aspetti quantitativi che qualitativi della presenza della madre. Sono caratterizzate dalla presenza discontinua della madre presso il bambino che viene sballottato senza che i suoi ritmi siano rispettati, e esposto a double bind, ossia a stimoli contraddittori. La madre alterna momenti di affettuosa interazione in cui è calorosa e presente a momenti di assenza legati a problemi e difficoltà interiori, di tipo depressivo o semidelirante. L’ambiente in cui il piccolo cresce non gli garantisce dunque la continuità, sinonimo di fiducia e non favorisce l’organizzazione degli schemi di attaccamento.
Oggi sono soprattutto le carenze qualitative e le discontinuità interattive a “ferire” (e spesso in modo grave) il bambino. Tutte le madri infatti sanno quanto sia importante la loro presenza presso il figlio, ma non si preoccupano della sua qualità: a poco serve una madre che c’è fisicamente ma che vorrebbe essere altrove, che gioca con suo figlio pensando a ciò che vorrebbe o dovrebbe fare per provare soddisfazione, che “si sente in prigione a fare la mamma a tempo pieno, anche se solo per qualche tempo”.
Nel caso della discontinuità interattiva, la mamma troppo coinvolta dalle sue problematiche personali è incapace di offrire al bambino una continuità affettiva, creandogli confusione e mancanza di riferimenti sicuri.
Dott. M. Marcone www.marcellamarcone.it