Non anticipare i desideri dei bambini allattandoli ogni volta che piangono significa aiutarli a gestire la frustrazione dovuta dal fatto che la gratificazione viene rimandata.
Spesso le donne pensano che essere una buona mamma significhi soddisfare sempre e subito i desideri del bambino che, nel primo periodo di vita, vengono attribuiti soprattutto all’esigenza di mangiare.
Oggi nei reparti di maternità, nei consultori, negli studi di molti pediatri si invitano le madri ad allattare “a richiesta”, ovvero a non dar da mangiare al piccolo a orari prestabiliti (cosa peraltro difficile all’inizio vista la variabilità di produzione del latte materno) ma ogni qualvolta lo richieda. Questo è sicuramente molto utile per le prime settimane di vita, sia perché le suzioni frequenti favoriscono la produzione del latte, sia perché madre e bambino devono imparare a conoscersi per poter poi dare un ritmo alle poppate. Sicuramente all’inizio il piccolo ha bisogno di ripetere esperienze di soddisfacimento per interiorizzare una figura di madre gratificante, capace di esaudire i suoi desideri, credibile e rassicurante. In seguito però a un bambino sano, nato a termine, normopeso, il latte dovrebbe essere dato in modo “ritmico”, ossia creando una certa distanza tra i pasti, in modo che il piccolo possa fare delle poppate che lo saziano e che scandiscono la sua giornata e che permettono anche alla madre di avere degli intervalli di alcune ore sia durante il giorno che la notte.
In genere il seno dovrebbe essere la fonte del nutrimento del bambino e non l’unico mezzo per consolarlo, ogni volta che piange.
Il piccolo si comporta come se la mamma fosse un prolungamento di se stesso, fatto per eliminare la tensione che sorge quando un desiderio tarda ad essere soddisfatto. La madre invece deve avere ben presente che crescere significa proprio confrontarsi con momenti di frustrazione legati al ritardo del soddisfacimento. Se questo ritardo avviene ogni tanto, nel contesto di un rapporto soddisfacente, è tutt’altro che negativo per il piccolo. Infatti poco per volta troverà degli escamotage per fronteggiare questi momenti, “allucinando” il soddisfacimento, ovvero rappresentandoselo prima di viverlo. E questo meccanismo che si forma nella primissima infanzia è assai utile anche per l’adulto: quanto è bello assaporare il piacere di qualcosa che si desidera prima ancora di viverlo realmente! Desiderare significa sognare e sviluppa la creatività!
Dunque, anche se molto piccoli, i bambini possono imparare a gestire la frustrazione data dal desiderio non appagato repentinamente. Questo avviene se il rapporto con la madre è gratificante, se è psicologicamente presente, non distratta da ansie e/o depressione che la tengono lontana da lui. In questi casi il piccolo non proverà un senso di abbandono devastante se non sarà nutrito subito come vorrebbe, ma si abituerà a rimandare il soddisfacimento Sta a lei insegnargli ad affrontare senza paura questi momenti, che si presenteranno spesso nella sua vita infantile e adulta. Certo è molto più semplice e immediato allattarlo e porre fine al suo pianto che non accogliere le sue difficoltà parlandogli, accarezzandolo, cullandolo, tenendolo in braccio, cercando di interessarlo a qualcosa. Ma solo in questo modo gli si offre la possibilità di sperimentare un desiderio, senza appagarlo sempre in anticipo, prima ancora che possa essere riconosciuto.
Dott. M. Marcone Milano
www.marcellamarcone.it