Quando il bebè arriva a casa spesso si pone l’interrogativo su dove lo si metterà a dormire: nella stanza dei genitori o per conto suo? Entrambe le scelte presentano dei pro e dei contro sostenuti da pareri autorevoli di pediatri e psicologi: si creano delle tendenze, delle mode che spesso non tengono conto dei bisogni profondi del bebé che oggi come in passato sono gli stessi e che spesso non vengono presi abbastanza in considerazione.
Per esempio molto spesso si crede che il forte bisogno di presenza materna del bebé si soddisfi con la vicinanza della madre di giorno e di notte. Si confonde cioè la necessità di contenimento emotivo del bebé con il contatto fisico, molto più facile da offrire ma di scarso aiuto se non supportato da una vera presenza psicologica della madre.
Perché questa possa essere di reale supporto alla serenità del piccolo è necessario che i desideri aggressivi inconsci che ogni madre vive (seppure con intensità diversa), possano essere elaborati, controllati, gestiti. cfr. Quello che le madri non osano confessare).
Se questo non avviene, l’aggressività può manifestarsi in modo camuffato, per esempio attraverso paure eccessive legate al bambino, relative soprattutto a situazioni comuni della vita che non sono obiettivamente (o statisticamente) così pericolose da giustificarle.
In questi casi la paura * costituisce il tentativo di proteggerlo più che da un pericolo reale, dalla propria aggressività inconscia, proiettata su qualcosa che potrebbe nuocergli.
In altri termini, l’intensità della paura materna dipenderebbe dall’intensità dei suoi desideri aggressivi inconsci!
Un esempio di quanto detto è rappresentato dalla scelta di far dormire il bebé presso di sè, giustificata dal pensare che anche quando dorme possa aver bisogno della vicinanza della mamma per non si sentirsi solo e abbandonato, o dalla paura che possa stare male e debba essere soccorso tempestivamente, o semplicemente dalla comodità di non doversi alzare dal letto per allattarlo. Dal punto di vista profondo tuttavia questa scelta è condizionata soprattutto dalle proprie sensazioni di inadeguatezza: per combatterle e sentirsi “una buona mamma”, la donna si illude di poter esercitare sul bebé un controllo continuo, tenendolo il più possibile vicino, come se fosse ancora una parte del proprio corpo, esente quindi dalla propria aggressività. Sarebbe invece più utile (anche per l’evoluzione del loro rapporto) che la madre che non tollera il distacco notturno dal bambino temendo che possa capitargli qualcosa di negativo, cercasse di approfondire l’origine delle paure in cui il figlio è coinvolto.
Va ricordato infatti che la gravidanza e il parto possono stimolare il riemergere di sensazioni di malessere vissute nel passato e spesso dimenticate, che si manifestano attraverso comportamenti ansiogeni nei confronti del bebé.
* La paura è uno stato di allerta che induce ad evitare situazioni di pericolo per se stessi o per qualcun altro
Dott. M. Marcone Milano
www.marcellamarcone.it