Anche i “buoni” genitori possono nuocere ai loro figli (parte prima)

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La violenza sui bambini presenta purtroppo dati statistici allarmanti,  evidenziati dall’Unicef e da altre associazioni che tentano di arginarla.

Ma accanto alle “torture” documentate, ce ne sono altre, meno evidenti, subdole, di cui sono vittime molti figli di genitori che pur li amano, li hanno voluti e pensano di trattarli nel modo migliore.

Genitori normali che spesso, e loro malgrado, infliggono traumi per ignoranza, scarsa sensibilità, disattenzione,  persino per troppo amore.

Oggi il diventare genitori è da molti considerato uno degli obiettivi da centrare nella vita, come il conseguimento di un diploma o il raggiungimento di un certo status: al bambino perciò si dedicano le stesse energie che ad altri impegni, senza volersi rendere conto che, almeno per un po’, un figlio cambia la vita, altera i propri ritmi, orari, impegni, investimenti di tempo e di energia.

Inoltre la maggior parte delle persone diventa genitore senza alcuna preparazione su cosa sia un neonato, quali siano le sue reali esigenze, quali capacità abbia di percepire l’ambiente circostanze fin dall’inizio della sua vita. Troppo spesso ancora si dimentica che è durante le prime settimane di vita che si gettano le basi del suo futuro, che il neonato va trattato con grande attenzione e rispetto, e che deve essere l’adulto che all’inizio si adegua ai suoi ritmi e non viceversa. Invece molti pensano sia un bene per il bambino essere abituato ad adattarsi fin dalla nascita al loro ritmo di vita, senza neanche porsi la domanda se è questo l’ideale per la sua crescita. Forse se ci si rendesse conto delle sensazioni di smarrimento e di angoscia che il lattante prova all’inizio della vita sentendosi incapace di sopravvivere senza l’aiuto di qualcuno, si riuscirebbe più facilmente ad anteporre i suoi bisogni ai propri, evitandogli molti inutili stress dovuti a cambiamenti di abitudini e ambiente.

Il neonato ha bisogno di acquisire la sicurezza che le sue necessità legate alla sopravvivenza saranno soddisfatte. Questo può avvenire solo garantendogli, almeno le prime settimane, un ritmo di vita tranquillo, ripetitivo, prevedibile, fatto di routine, che gli insegna e lo aiuta a anticipare la soddisfazione, anche quando questa non è immediata come vorrebbe.

Il genitore che non rispetta questo bisogno fondamentale perché spesso non ne conosce l’importanza, inavvertitamente lo ferisce, in quanto lo fa vivere in una situazione priva di punti di riferimento, dunque perennemente in preda al senso di insicurezza legato alla sua sopravvivenza.

È dunque inevitabile che lo stress a cui il neonato è sottoposto si manifesti con comportamenti che ne esprimono il malessere e che richiedono la continua presenza dell’adulto: pianti frequenti, incapacità a stare da solo, interruzioni continue del sonno, difficoltà alimentari.

Ma sono soprattutto le tracce che questo tipo di sofferenza lascia nella sua psiche che dovrebbero far riflettere i genitori: non riconoscerne i bisogni profondi fa sentire il piccolo non accettato, non voluto, non amato, anche se la realtà è diversa.

Non serve coprirlo di baci se poi lo si sballotta, senza una valida ragione, da un luogo all’altro solo perché “con un neonato si può girare il mondo”. Ciò che lo fa sentire amato è la sensazione che chi gli sta vicino lo aiuta a crescere nel rispetto dei suoi tempi, anche se questo inizialmente può scombinare quelli dell’adulto.

Dott. M. Marcone  Milano

www.marcellamarcone.it

mmarcone@me.com